Intervista a Luca Tarenzi, autore di romanzi fantasy

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Mariodm93
view post Posted on 17/12/2009, 21:56




INTERVISTA A LUCA TARENZI
autore di romanzi fantasy. Di recente in libreria con Le due Lune (Alacran Edizioni)

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***

Ciao Luca!
Direi di cominciare quest’intervista conoscendoci un po’ meglio. Dunque... chi è Luca Tarenzi?


Mi viene in mente che, ogni volta che leggo la biografia di uno scrittore, penso che gli scrittori parlino troppo di se stessi… Di me di solito dico che ho 33 anni, una laurea in Storia delle Religioni, una casa piena di animali e una testa alquanto confusa. A parte ciò, conosco una persona saggia secondo la quale gran parte della gente si divide in due categorie, gli imbecilli e i pazzi, e chi ritiene di appartenere a una di solito appartiene all’altra. È molto probabile che di una delle due faccia parte anch’io, ma invoco il diritto di essere collocato da un giudizio che non sia il mio!

Com’è (o come dovrebbe essere) la tua giornata tipo? Hai degli hobby particolari?

Non ho più il privilegio di avere una “giornata tipo” da quando ero in università… Oltre a essere un traduttore e un editor - professioni che non hanno orari ma scadenze - vivo con una veterinaria in una casa che è per metà un ospedale per animali in difficoltà: c’è sempre molto da fare e qualunque programmazione è impossibile. Possiamo dire che oggi per me è una “giornata ideale” quella in cui riesco a svolgere il mio dovere e a trovare anche del tempo per quello che mi piace: un avvenimento tutto sommato non raro. Coltivo tutti gli hobby che riesco a seguire: leggo (troppo...), gioco di ruolo accanitamente (sono un nerd e non me ne vergogno!), guardo dozzine di telefilm e anime, amo cucinare, d’estate tiro con l’arco e colleziono statuette di divinità di tutte le religioni.

Dove vivi e com’è il tuo rapporto con la tua terra di origine?

Sono nato in Lombardia ma abito da anni ad Arona, sul Lago Maggiore, e la trovo una terra bellissima: dalla mia finestra vedo rupi coperte di boschi e le rovine di un castello; se voglio passeggiare, a dieci minuti di distanza c’è una riserva naturale con laghetti circondati di foreste, lontani da qualunque altra cosa. Non me ne andrei da qui per nulla al mondo.

Quando hai cominciato a scrivere e a inventare storie?

Mia madre conserva una foto in cui, a nove anni, scrivevo assurde storielle di una pagina seduto per terra davanti a una vecchissima macchina da scrivere... Trascorsi infantili a parte, non ho mai neppure fantasticato di scrivere romanzi prima dell’autunno del 2003: era un brutto periodo, avevo 27 anni ed ero appena rimasto senza lavoro; una mattina mi svegliai e raccontai alla mia ragazza - che oggi è mia moglie - di aver fatto un sogno che sembrava quasi la trama di un fantasy, e lei mi disse subito “Scrivilo!” Io non erano proprio dell’umore adatto e feci parecchia resistenza, ma lei continuò a insistere, un giorno dopo l’altro, finché mi convinse e finii per scrivere il mio primo romanzo.

Le due Lune, romanzo edito da Alacran Edizioni e oggetto principale di quest’intervista non è, però, il tuo primo libro edito. Cosa puoi raccontarci dei tuoi altri lavori?

Prima de Le due lune ho pubblicato tre libri (e ho ancora alcuni inediti nel cassetto). Il primo è stato Pentar - Il patto degli dei (Alacran), il romanzo “sognato” di cui dicevo sopra. È un urban fantasy che parla di esseri umani, divinità elettromagnetiche e complotti per sovvertire l’ordine del mondo; lo scrissi in undici settimane di lavoro febbrile, quasi esclusivamente di notte, e quando lo finii non riuscivo a credere di averlo fatto davvero. In seguito scrissi come coautore La sciamana del deserto (L’Età dell’Acquario), che racconta la storia vera di una donna italiana iniziata dagli indios huichol del Messico centrale alle loro pratiche sciamaniche, e poi Il libro dei peccati (Alacran), una raccolta di racconti a tema prevalentemente fantastico.

Ne Le due Lune si fa riferimento a un fatto di cronaca realmente verificatosi. Puoi parlarcene?

Nasce tutto da un aneddoto che un amico milanese, appassionato e buon conoscitore della storia della sua città, mi raccontò qualche anno fa. Nell’estate del 1792 nelle campagne intono a Milano - zone che oggi fanno parte della città vera e propria - imperversò per mesi una misteriosa “bestia feroce”, mai identificata con certezza, che fece numerose vittime tra i bambini e i ragazzi del contado, prima di scomparire. Quando l’anno scorso mi venne per la prima volta l’idea di un urban fantasy d’ambientazione italiana che parlasse di lupi mannari, la “bestia feroce” di Milano mi tornò subito in mente: mi informai meglio e scoprii - prima on line e poi nella realtà - il documento storico che l’ha conservata, una sorta di diario pubblico che un autore anonimo, coevo ai fatti, pubblicò subito dopo la scomparsa della belva. Sulla base di questo documento (che appare anche nel romanzo) ho costruito una parte importante della mia storia.

È stato difficile scrivere un romanzo assumendo il punto di vista di una diciassettenne? Immagino che lo scopo principale fosse quello di “parlare ai giovani”. Credi di esserci riuscito?

Forse dovrei rispondere: molto facile e molto difficile insieme... Scrivere dalla prospettiva di un personaggio femminile mi piace e non era la prima volta che lo facevo, anche se mai prima d’ora per la lunghezza di un intero romanzo. È stata un’esperienza strana e a suo modo anche un po’ sconvolgente. Io sono un uomo di 33 anni, la mia protagonista una ragazza di 17: alcuni dei suoi pensieri possono assomigliare ai miei, perché anche io sono stato un adolescente - e in tante cose penso di esserlo ancora... - ma molti altri appartengono di diritto a un mondo che non è il mio e del quale non potrò mai essere partecipe: quello di una ragazza. Ho fatto moltissime domande alle ragazze e alle donne che conosco, ho ascoltato le loro risposte e ho cercato di capirle anche quando mi sembravano bizzarre e del tutto inconciliabili con la mia esperienza maschile. E poi ho scritto, tentando di vedere la storia che avevo davanti con occhi che non erano i miei, ma che fossero comunque quelli di una persona reale, viva, dotata di sentimenti e di un’anima propria. Il risultato? Non posso giudicarlo io: questo è compito e privilegio dei lettori, e al loro giudizio io mi rimetto interamente.

Hai anche partecipato all’antologia Sanctuary, edita da Asengard Edizioni. Cosa puoi raccontarci a proposito di questa esperienza?

Molto più semplice. Ho scritto un racconto urban fantasy dal tono volutamente ridicolo assecondando una delle mie fissazioni, il mondo degli angeli. Ho raccontato la storia di una setta di “templari moderni” che scendono in battaglia contro le forze del male affiancati dai loro angeli custodi, almeno fino a quando l’angelo del protagonista non scopre la musica punk e decide che cantare gli piace decisamente più che combattere… Stenderlo è stato facile e divertente, molti di quelli che lo hanno letto mi hanno detto di essersi divertiti a loro volta, perciò penso di potermene dire soddisfatto.

Sappiamo che lavori anche come traduttore. Quali regole bisogna osservare per tradurre al meglio un testo in un’altra lingua?

A dire la verità le “regole” non sono poi molte, e si riassumono nell’avere ben presenti le differenze tra la lingua del testo e quella in cui si sta traducendo, sia quelle fondamentali che quelle meno evidenti. Io traduco dall’inglese, una lingua che non ha una sintassi così diversa da quella italiana, ma che è comunque piena di piccole trappole: ad esempio in inglese le ripetizioni sono estetiche, mentre in italiano è vero il contrario. Un traduttore deve sempre resistere a due tentazioni parallele: quella della trasposizione letterale e quella dello “sviluppare” concetti che magari a lui sembrano poco chiari nell’originale, ma che l’autore così ha voluto esprimere. Una buona traduzione consiste nell’afferrare lo “spirito” del testo originale e nel trovare le parole giuste per renderlo nella nuova lingua.

In una parola, cos’è per te la scrittura?

In una parola non lo saprei dire, anche se sono uno scrittore!... Nella mia vita lo scrivere occupa lo stesso posto che occupa il leggere: è un lavoro, uno svago, nei casi estremi uno sfogo; può divertirmi, stancarmi, farmi arrabbiare, farmi sentire male in un momento e benissimo in un altro. È qualcosa di molto complicato e - sono costretto a constatarlo - di radicato molto in profondità.

Come scrivi? Di getto, stilando una scaletta degli eventi... o in altri modi?

Ho scritto di getto solo il mio primo romanzo: per quanto da allora ci abbia riprovato moltissime volte, non ci sono più riuscito. Mi pare di aver letto che è un’esperienza piuttosto diffusa tra gli scrittori... Oggi mi sforzo di essere più metodico, ma non ci riesco granché: se non ho una scadenza che mi pende sulla testa scrivo in maniera terribilmente discontinua, mille battute un giorno, ventimila il giorno dopo e poi magari più niente per due settimane. Prendo appunti che poi di solito non uso, leggo e rileggo, riscrivo capitoli interi, poi mi pento e riporto tutto com’era prima… Per il momento riesco ancora a concepire lo sviluppo completo di una trama e a tenerlo a mente senza carta fino alla conclusione del lavoro: speriamo che duri!...

Qual è la tua atmosfera ideale per la scrittura?

Quella della notte. Scrivo di notte ogni volta che posso (anche se oggi non è più frequente come un tempo). Di notte c’e silenzio, tutto è immobile, nulla ti interrompe e puoi lavorare anche per otto ore di seguito senza fermarti, se ne hai voglia. E poi l’oscurità mi aiuta a concentrarmi, mi fa sentire libero.

La citazione più bella mai letta in un romanzo è...?

Una frase molto famosa di Richard Bach: “Cavilla suoi tuoi limiti e senza dubbio ti apparterranno.”

Il tuo libro preferito...?

Non un libro ma una trilogia: Le cronache di Thomas Covenant l’Incredulo, di Stephen Donaldson. Per quanto mi riguarda, nel fantasy moderno non è mai stato scritto nulla di superiore, punto.

...e quello che ti è piaciuto meno?

Ehm... potrei rispondere che il libro peggiore che ho letto... non l’ho letto! Da persona che ritiene molto prezioso il tempo da dedicare alla lettura e che ha assolutamente a cuore i Diritti del Lettore di Pennac, abbandono a metà - o anche prima - qualunque libro non mi piaccia. Volendo indicare qualcosa di particolarmente sgradito che mi è passato sotto gli occhi nell’ultimo anno, direi Ragazze lupo di Martin Millar (soporifero) e Farfalle nere di Tara Bray Smith (pessimamente scritto).

Quali sono le caratteristiche di un buon fantasy, a tuo parere?

Le stesse che fanno un buon romanzo indipendentemente dal suo genere: una buona idea ben sviluppata, una scrittura curata (che per me significa semplice ed elegante), una gestione cosciente dei tempi narrativi e, se il tema lo richiede, un’appropriata documentazione (senza eccessi). Poi è altrettanto vero che, come lettori, a volte restiamo incatenati da libri che noi stessi non giudicheremmo affatto belli, magari perché ci affascina l’ambientazione anche se la storia è sciocca o banale, o perché ci innamoriamo di un personaggio e vogliano assolutamente vedere cosa gli succederà. C’è qualcosa di male in questo? Conosco persone che pensano di sì: con buona pace del loro parere, io dico che chi ama un libro - non importa quale libro - avrà sempre qualcosa in comunque con me.

Hai dei consigli da dare a tutti gli aspiranti scrittori che stanno leggendo quest’intervista?

Due soli consigli: primo, scrivete perché vi piace farlo. Questa è la cosa più importante. La scrittura deve essere la prima ricompensa di se stessa, altrimenti può trasformarsi in una delle peggiori fonti di frustrazione che siano mai esistite (e in certi casi lo fa comunque...) Secondo, non fatevi illusioni. Quanto siete bravi o quanto siano originali e avvincenti i vostri scritti conta molto relativamente: per pubblicare oggi ci vuole un santo in paradiso, un demone all’inferno, una gran botta di fortuna o un parente in una casa editrice (e ben collocato). Io ho beneficiato del terzo punto e, chissà, forse del secondo, ma conosco scrittori migliori di me che meriterebbe molto, molto di più di quel che mi è capitato. E se a questo punto domandate “Allora perché scrivere?” vi rimando al primo consiglio.

Grazie per averci concesso parte del tuo tempo! A presto!
 
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niji707
view post Posted on 18/12/2009, 09:42




Bellissima intervista e molto interessanti le risposte di Luca, che ho avuto la fortuna di incontrare a Torino! :)
Ho sentito parlare molto bene di Pentar, che è da tempo nella mia wishlist... ora dovrò aggiungere anche Le Due Lune! sembra veramente promettente... mi piace moltissimo che sia ambietato a Milano e partendo da un fatto di cronaca... è già molto curioso il fatto stesso di questo diario anonimo! °___° sembra una trovata letteraria, il fatto che sia vero è veramente interessante!
 
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Angela1993
view post Posted on 18/12/2009, 17:30




CITAZIONE
mi piace moltissimo che sia ambietato a Milano e partendo da un fatto di cronaca... è già molto curioso il fatto stesso di questo diario anonimo! °___° sembra una trovata letteraria, il fatto che sia vero è veramente interessante!

Sono d'accordo! Deve essere parecchio interessante!
Quasi quasi vado a cercare la storia vera :P
 
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view post Posted on 31/5/2016, 09:28
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